“Junk”, o meglio “spazzatura creativa”
Lo scrapbooking è una tra le tante passioni che riempiono le mie giornate: per chi non sapesse di cosa stia parlando, si tratta di un modo per conservare i ricordi attraverso foto utilizzando carte decorate, abbellimenti, fiori e tutto ciò che riteniamo utile per far sì che il momento catturato nella foto rimanga il più vivido possibile durante gli anni.
Essendo questo mondo creativo abbastanza ampio e variegato lascia spazio a differenti possibilità espressive e mi sono ritrovata quindi negli anni a sperimentare diverse tecniche e diversi approcci ad esso.
In questo ultimo periodo sono incappata nei “junk journal”, letteralmente “diario spazzatura”.
Questo tipo di diario viene creato totalmente da zero, come la maggior parte dei progetti nello scrapbooking, utilizzando il materiale di riciclo che si ha in casa: per cui al suo interno si possono utilizzare buste usate, vecchi spartiti, pagine di libri o quaderni, tessuti, pizzi, insomma tutto quello che non ha più uno scopo e rischierebbe di finire inevitabilmente nel bidone, riacquistando quindi qui un nuovo significato e un nuovo valore.
Ora, perchè vi parlo di questo mio hobby personale? Semplicemente perchè penso che il lavoro psicoterapeutico possa ricordare il lavoro creativo di recupero di materiale, in questo caso emozioni e ricordi, dando ad essi nuovo significato e una nuova collocazione. Nel bene o nel male noi siamo frutto di innumerevoli esperienze: non tutte però riescono a trovare una collocazione nella nostra vita e così si accumulano, nell’attesa di essere elaborate in qualche maniera, sperando di trovare un posto nel nostro speciale armadio che è l’inconscio.
A volte questo processo va a buon fine, altre volte questi elementi non riescono proprio a trovare una sistemazione, generando una serie di disagi per la persona sotto forma di ansia, paura, rabbia, facendoci perdere il controllo della nostra vita.
Ed ecco quindi che possiamo ricorrere all’immagine del junk journal, costruendo con lo psicoterapeuta un diario immaginario, composto da tutte quelle parti che al momento non hanno uno scopo e continuano a girare tormentandoci. Potremmo cercare di ignorarle, potremmo fare finta che non sia mai esistite, ma quelle emozioni sono presenti e spiacevolmente attuali e dargli un nuovo valore o semplicemente accettare che facciano parte della nostra storia è come tenere tra le mani delle cartoline ormai scolorite o un vecchio abito.
Possiamo toccarlo, soppesarlo e chiederci
“Devo davvero buttarlo nella spazzatura o posso farci qualcosa?”
“Può diventare utile al mio diario oppure devo accettare che non possa essere più utilizzato in alcun modo?”
“Riprendere in mano” un ricordo spiacevole, un’esperienza dolorosa, poterla di nuovo valutare, ma con la consapevolezza di non essere soli in questo processo, è difficile, ma non impossibile: di certo si tratta di un percorso che vale la pena seguire.